Quante volte mi sono fermata davanti alla paura?
Quante volte ho sospeso il giudizio sugli altri e rimpolpato quello su di me? Ce la farò? Sarò abbastanza brava? Sarò capace? Sarò bella?
Bloccata dalla paura della paura.
I percorsi erano conosciuti, non mi concedevo deviazioni, il passo sempre quello di un altro.
Era come se l’altro garantisse la mia “riuscita”, come se le sue parole fossero più giuste delle mie, come se il suo pensiero mi legittimasse.
Ho fatto tutto da sola, o forse no. La cultura mi ha imbrigliato con questa cosa della forza e del coraggio tutti maschili, io con la mia storia ci ho messo del mio.
Quando sono cambiate le cose, il momento esatto non lo so, quello che so è che il dolore mi ha permesso lo scatto in avanti.
Posso dire che la sofferenza mi abbia salvato? Sì, da legami tossici, dalla dipendenza emotiva, dalla paura di non riuscire a fare le cose.
Ma, soprattutto, dal non chiedermi più se sono brava e aspettare che qualcuno me lo dica.
Adesso, so che ci sono giornate migliori e peggiori, ma c’è sempre un nuovo risveglio.
So che bisogna farsi le domande giuste: sto bene? è una di queste.
So che le relazioni amicali, a volte, finiscono, anche quelle importanti ed è un dispiacere ma nella vita esiste anche quello.
Che posso sbagliare e fallire tantissime volte, ma quando l’azzecco è una gioia che resta e vale come ricompensa. E che fallimenti e riuscite sono strettamente connessi.
Che posso dire la mia e non mi devo aspettare che mi capiscano e mi approvino, anche questo è determinarsi.
So che non devo cambiare gli altri, non è mio compito, ma se un atteggiamento non mi piace, tengo in memoria chi non voglio essere e agisco di conseguenza.
Ho capito che sono femminista, che il femminismo è un valore di uguaglianza e mette le persone tutte sullo stesso piano, uomini e donne. Tutti dovremmo esserlo e parlarne fino allo sfinimento, perché molti non ne conosco ancora il significato.
Ho capito che se un uomo mi fa male non mi chiedo dove ho sbagliato ma mi allontano. L’amore non complica, non ti fa stare nell’incertezza, non dà e toglie, non blocca, ma sostiene, se non succede non è amore.
So che, a volte, fare come certi uomini è utile. Mi siedo, gambe incrociate, aspetto che altri facciano le cose. La resistenza passiva capita che funzioni.
Ho capito che non sempre è utile intervenire. Basta esserci.
Che la solitudine può essere un valore aggiunto.
E, soprattutto, quando quella sofferenza torna, perché torna sempre e per tutti, la attraverso senza farmi spaventare.
Tengo in memoria che io non sono più di materia friabile come mi hanno fatto credere e come pensavo.
Lei passa e io resto.
Pure il mio coraggio.
Penny
1 comment on “Posso dire che la sofferenza mi abbia salvato? Sì, da legami tossici, dalla dipendenza emotiva, dalla paura di non riuscire a fare le cose. Dalla paralisi.”