La verità è che noi possiamo sempre scegliere anche quando pensiamo che non sia così. A volte è difficile fare la scelta giusta e per stare bene è necessario sbagliare.
Semplice come pilotare un areo.
Non so quante volte mi sono confusa, quante volte avrei voluto andare in una direzione, invece, ho continuato su percorsi scivolosi.
Non amavo più ma non lasciavo. Odiavo andare in palestra ma ci andavo tre, quattro volte alla settimana. Un’amica mi diceva cose terribili? Niente, lasciavo che mi facesse male in un bisogno spasmodico di autolesionismo.
Perché?
Boh! Lascio incompiuto il cruciverba della mia esistenza.
Spesso non ci capivo un “h” di me.Tra l’altro quando ero piccola non azzeccavo mai il verbo avere. Segni rossi rossissimi sul quaderno.
Sono caduta una marea di volte, ginocchia sbucciate e cuore da ricomporre.
La verità è che io non sono una intuitiva, ovvero, mi fido dei chiunque. Mi butto. Mi coinvolgo. Mi affido. Mi nego. Mi peso sulla bilancia e valgo la metà ( solo nell’anima mai nei kg?).
La verità è che ci è voluto del tempo per capire quello di cui avevo bisogno. Tempo per comprendere chi ero.
Ai miei bambini dico sempre: non accontentatevi di quello che gli altri scelgono per voi, chiedetevi cosa vi piace e quali siano i vostri desideri, anche se vanno in controcorrente rispetto alla norma o a quello che è considerato tale. E non faccio righe rosse rossissime sul quaderno!
Quante volte le nostre scelte sono state messe in discussione? Quante volte abbiamo seguito ciò che era giusto per “gli altri”, per non deludere chi avevamo vicino?
Ci vuole tempo, a volte mezza vita o di più. Provo a spiegarlo alle mie figlie. Se siete convinte delle vostre scelte, rischiate di sbagliare, non fatevi convincere che non sia veritiero quello in cui credete o che sentite. Mettete in conto l’errore, meglio sbagliare che negare ciò che si è. Punto fermo. Fermissimo.
Così, ieri sera, di fronte a una decisione importante della mia girl grande riguardante l’università e a qualcuno che pensava che per lei fosse meglio una certa strada, io ho chiesto: tu cosa vuoi?
Lei lo sapeva, sapeva bene cosa desiderava e secondo me lo sapevo anch’io all’epoca, ma aveva una paura folle di sbagliare. Era salita sulla bilancia e il suo animo valeva niente.
Non sbagliare. Non sbagliare. Non è quello che ci insegnano?
“Sbaglia, torna sui tuoi passi, ma scegli ciò che credi giusto per te” le ho detto con foga a mia figlia. Anche la mia maternità è strafatta di errori.
Lei ha sorriso, si è autodeterminata. Ricomposta. Trovata. Ha scelto se stessa. ( grazie a me che sono la sua mamma preferita? ma prima o poi, a suon di dai e dai, ce la farà da sola!)
Cerco di spiegare alle mie figlie, io che sono una che ha passato l’esistenza a cercare di piacere, che possiamo prendere due strade: la nostra o quella che gli altri decidono per noi.
La nostra prevede l’errore, il fallimento e la sconfitta.
Prevede quella domanda: io cosa voglio?
Prevede il coraggio semplice di sbagliare e il tempo per capirlo.
Penny
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