Non so se avete mai avuto la sensazione di essere un bluff. Quella sensazione che vi coglie di non saper fare bene le cose, di non essere mai all’altezza.

Guardo gli altri- e vorrei non guardarli- e penso: “ Come sono bravi! o brave!” .

Non lo penso mai di me, la mia è un’ insicurezza atavica, anche quando mi dico: “Dai, le cose non funzionano così male” tutte le volte arriva la vocina a sussurrami che sono solo stata fortunata, che quello che sono non basta, che scopriranno che non so scrivere, che scopriranno che non so insegnare o essere una madre decente.

Lo scoprirà chi?

Ecco, questa è una domanda che mi faccio spesso. Mi chiedo perché non mi appartenga la sicurezza di certe persone, schiena ben appoggiata sulla sedia e gambe divaricate.

Anche dentro ai conflitti, non do mai per scontato l’errore di un altro, penso subito a cosa ho detto, ho fatto e dove ho sbagliato.

Vorrei essere più leggera-che non vuol dire meno profonda- e per farlo, ogni tanto devo distogliermi dal mondo dei social, staccarmi dalle vetrine e concentrami di più su quello che sento, perché diciamo che non aiutano.

Ormai si mostra tutto, persino i figli (attenzione, io non mi chiamo fuori), si polemizza, ci si giustifica e non si lascia mai l’ultima parola.

Tranelli infernali in cui la mia insicurezza annega e si nutre.

Certo la storia che mi porto dietro, come quella di tutte le donne, non aiuta e non intendo essere una donna-maschio (misogina) per nessuna cosa al mondo. Io non ho le palle e non desidero averle, non amo le guerre, e le battaglie a chi ce l’ha più duro.

Non amo la competizione, eppure invidio e sono competitiva, mio malgrado.

E mi vergogno persino a dirlo. Così lo scrivo, nero su bianco, per ricordarmi che io quella roba lì non voglio esserlo.

L’ho scritto ieri, in un post, me lo ricordano i bambini e le bambine ogni giorno a essere la versione migliore di me, non perché siano l’emblema della nobiltà d’animo- come pensa qualcuno- ma perché sono ancora piccoli ed è poco il tempo in cui li abbiamo educati alla speculazione del più forte, del più bravo, del primo e unico.

Così, ogni tanto vorrei chiedervi scusa e chiedermi scusa, compaio e scompaio, perché la mia esistenza è piena di contraddizioni e incoerenze.

Sono un disastro, penso a volte. E se mi fa male pensarlo al contempo mi aiuta. Mi aiuta a non accontentarmi a stare in superficie, a mostrarmi e mostrare, che poi la vita finisce.

E, niente, post confuso, senza insegnamenti, esattamente come sono io.

A volte cado nel pozzo e mi cerco con ostinazione. E prima o poi so che mi trovo.

Vi abbraccio

Penny ♥️

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2 comments on “A volte cado nel pozzo. E mi cerco con ostinazione.”

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