Noi scriviamo una storia. La nostra.

Spesso i personaggi sono gli stessi. Spesso li mettiamo nelle stesse identiche posizioni e affidiamo gli stessi ruoli.

Spesso ci guardiamo con gli stessi occhi con cui ci siamo visti fino ad allora.

Intanto le cose non cambiano. Non possono cambiare. Io sono fatta così, lui pure, il mio lavoro non mi soddisfa, i miei genitori non mi hanno mai capito, non troverò mai l’amore, per i miei figli sono scontata.

Il palco è lo stesso e la scenografia pure. So che avrò qualche applauso e mi basta.

Io non sono solo quello che gli altri raccontano di me, ma sono, soprattutto, la mia narrazione.

Non sono capace. Non riesco. Non ce la farò. Rimarrò sola. Non ho soldi. Sono troppo grassa.

Se continuerò a ripetermi le stesse cose, se ogni giorno, quella è l’immagine che ho di me, probabilmente, nulla cambierà.

Gli imprevisti sono tagliati fuori. Il presente e quello che accade, esclusi.

Noi siamo la storia che scriviamo. Siamo ciò che ci immaginiamo.

Proviamo per un attimo, come dice Nicoletta Cinotti nel suo “Scrivere la mente”, a sospendere il giudizio. Ad avere compassione per noi stesse, a pensare solo per un attimo di mettere in scena un’altra rappresentazione in cui noi siamo le protagoniste, in cui concediamo spazio agli accadimenti, in cui il controllo non ha posto su quel palco, in cui il passato è sullo sfondo, la rappresentazione che hanno gli altri di noi rimane dietro alle quinte.

Scrivere una storia nuova è possibile. Basta volerlo.

Non dico che basti immaginare di essere magre e fighe e ciò accadrà ?, e nemmeno che il pensiero abbia il potere magico di cambiare immediatamente le cose, ma la narrazione è nostra.

Dipende, credo, dallo sguardo che mettiamo su di noi e su ciò che accade.

Se quello sguardo è benevolo e di accettazione, se lasciamo che ogni riga non sia la ripetizione dell’immagine stantia che abbiamo di noi stesse e che ci hanno appioppato gli altri, se lasciamo spazio all’imprevisto, le cose potranno accadere.

Noi siamo la somma di molte cose, scrive ancora Nicoletta Cinotti e dentro alla nostra rappresentazione dovremmo farci entrare tutto, i fallimenti, gli errori, ciò che non è governabile. Il cambiamento.

Invece, a volte, diciamoci la verità, lasciare che gli altri ci rappresentino sempre allo stesso modo, ci rassicura.

Se, ad esempio, per una vita mi lamento che in casa nessuno mi aiuta, gli altri si aspetteranno le mie lamentele e le cose, difficilmente, cambieranno.

E, allora, come si fa?

Non credo ci sia una risposta certa, posso dirvi come ho fatto io. Ho smesso di aspettarmi che cambiassero gli altri e sono cambiata.

Ho cambiato il mio modo di raccontarmi. Alcuni affetti li ho persi per strada, altri si sono “magicamente” adattati al mio cambiamento.

A volte si tratta di incrociare le braccia per affermare se stessi, altre di cambiare direzione.

Insomma, se volete che le cose cambino, iniziate a scrivere una bella storia su di voi, lasciando uno spazio buono agli eventi imprevisti.

Possiamo poco sulla vita degli altri, ma molto sulla nostra.

Siate la vostra storia e che nessuno la scriva per voi.

Penny

2 comments on “Noi siamo la storia che mettiamo in scena. Ogni giorno.”

  1. Bellissimo post.
    Condivido ciò che hai scritto. Diceva la mia dottoressa: “non aspettarti che siano gli altri a cambiare; cambia tu gli schemi con cui agisci di solito, e vedrai che gli altri cambieranno a loro volta”.
    Non è facile guardarsi con occhi diversi e raccontarsi cose diverse o avere pensieri benevoli verso se stessi.
    Più facile riconoscersi difetti che parlarsi in modo gentile.
    Però a volte dovremmo farlo questo sforzo e volerci un po’ più bene. Vale la pena.
    Cambiare noi x cambiare ciò che ci ruota attorno: la feccia si allontana e chi resta e cosa resta è la parte migliore.

    • Questa cosa della parte migliore è proprio vera, chi resta da chi sei e non pretende di cambiarti. Poi, la storia è la nostra e noi abbiamo il potere e dovere non di attraversarla ma viverla. Cara Barbara, grazie ♥️

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