Vorrei essere libera, tutto qui. Come ogni ragazza del mondo. Poter mostrare il décolleté, le gambe. Muovermi sicura.

Invece, finché mi sono concentrata sul corpo e ho pensato fosse un problema mio il fatto che non mi sentissi bella, ero chiusa. Negavo me stessa attraverso i nascondimenti.

Lo sapevo, fin da piccola, in cuor mio, che ero toccabile ovunque, accessibile, anche se non volevo.

Il seno palpato, le parole di troppo, già a tredici anni. Quel pene tirato fuori all’improvviso mentre tornavo a casa. E non solo una volta.

Gli sguardi languidi di uomini grandi. A pensarci ora mi viene il vomito. Le insistenze dei coetanei quando dopo un complimento non ero accondiscendente.

Quel seno grande che tanto odiavo sotto gli occhi di tutti.

Così ho iniziato a curvare la schiena e a coprire. Maglioni lunghi e scuri, mani avvoltolate dentro.

Mi sono negata il corpo nello stesso modo in cui ho negato i desideri. Ho trovato un uomo per essere sua e finirla lì.

Il cibo molte volte è stata una consolazione. Se sei un po’ in carne, se le gambe le nascondi, il corpo lo nascondi e i desideri pure, chi può giudicarti ancora?

Mia figlia mi ha raccontato che i suoi amici parlando di una ragazza non filiforme la chiamavano il boiler.

Anche essere boiler, alla fine, è un modo per sottrarsi al massacro.

Ho dovuto fare un lavoro a ritroso per sentirmi bella. Destrutturare i miei pensieri e le mie azioni.

Ho tirato fuori i sogni, ho lasciato mio marito e ho scoperto il corpo.

Mi hanno spezzato e io ho permesso che lo facessero, ci ho messo tempo a rimettere insieme pezzi di cuore, intelletto e pelle.

Ci ho messo tempo a capire che il problema non ero io ma gli atteggiamenti sessisti di questa società.

È perché non ti senti bella, mi dicevano. Oppure, sei tu che devi sentirti bella dentro

Cazzate! Io mi ci sarei sentita bella se mi avessero lasciato libera, invece, non lo ero, non sono mai stata davvero libera di scegliere, ogni mio gesto e ogni mio progetto è stato condizionato dagli stereotipi e da una cultura sessista.

È così. C’erano sport adatti a una bambina, atteggiamenti adatti a una bambina, abbigliamento e linguaggio adatti a una bambina e poi alla ragazza e alla donna che sono diventata.

E quando mostri il corpo e sei una ragazza e una femmina rischi tantissimo. Rischi di essere troia o di subire abusi. Scegliete voi.

La nostra vita di donna procede in difesa.

Ieri sera mi hanno fatto questa fotografia. E un mio amico (tra l’altro un figo ? e single, credo) mi ha detto: “Stasera sei davvero bella”.

Oggi, l’ho fatta vedere alla mia girl grande, giudice inclemente, e le ho detto ridendo:”Finalmente una foto in cui vengo bene, non si vede manco la cellulite”.

“Insomma!” mi ha risposto Miss simpatia.

Eppure, io do ragione al mio amico. I prossimi sono 49 anni e ho camminato come i gamberi.

Ora mi sento bella perché i progetti sono riemersi e con loro il corpo.

Molte donne lo fanno, tornano indietro con uno sguardo più acuto per andare avanti e scrollarsi di dosso quel peso maschile e misogino che non le fa sentire bene.

Non dipende da noi se non ci sentiamo belle, dipende da quello sguardo, da quelle parole e da quelle mani che molti uomini hanno sulle giovani donne e che ci mettiamo una vita a riconoscere e ad allontanare.

Ecco, volevo dirvelo e dirmelo. Se mi sento bella e mi mostro per ciò che sono oggi, non è perché sono finalmente consapevole della mia bellezza, no, è perché sono consapevole dei condizionamenti sessisti, del maschilismo e del patriarcato.

Oggi sono bella perché sono più libera, io mi sarei sentita bella anche prima, ma quel tipo di cultura pressante e ancora presente, non me lo ha permesso.

Ditelo alle ragazze. Ditegli la verità e ditegli perché non si sentono belle, che sappiano muoversi prima di noi.

Ditegli che sono belle e incalzate i loro sogni, le loro aspirazioni, prima di tutto il resto.

Penny

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