Scrivere questo post per me è difficilissimo. Quando vado nel profondo mi chiedo fino a dove posso spingermi, poi, ho pensato, se lo scrivo è fatta. Impresso su carta, non si torna indietro.

Mi metto nelle vostre mani, ma so che chi passa di qui spesso saprà farne buon uso. Degli altri non mi interessa.

Non ricordo quando ho incominciato, probabilmente, ero poco più che adolescente, contando che ora ho quasi quarantanove anni, sono più di vent’anni che ogni giorno ( o quasi) della mia vita salgo sulla bilancia.

Pazzesco vero? C’è chi la rifugge, per non vedere, io la uso per controllare.

Il realtà non controllo il mio peso, ma dentro a quel numero di chili c’è la mia vita, la mia paura di perdermi, di non essere capace, di lasciare andare.

Ma tu sei magra, mi dicono quando mi lamento di aver preso quel mezzo chilo. Ma il problema non sta lì dentro, nella pancia su cui ho uno sguardo accusatore perenne, il problema sta nella mia testa, nella cultura stereotipata che mi porto dietro da sempre, in quel bisogno sfrenato di rispondere alle aspettative sociali.

Controlli il peso, controlli la tua vita. Un matrimonio che non funziona, casini lavorativi, il rapporto con i figli. Ti concentri su quel peso per non guardare altro o forse con la speranza di poter controllare l’incontrollabile.

Sì, perché, lo abbiamo detto tanto volte, nonostante noi proviamo a tenere tutto insieme, in una sorta di delirio di onnipotenza dipendente, la vita si fa gli affari suoi.

Insomma, una settimana fa, dopo una bruttissima giornata, mi sono vista con il mio compagno, prima di uscire mi ero pesata, non riuscivo a buttare giù quel cazzo di chilo, nonostante cercassi di trattenermi (in un gioco al massacro), ero nervosa, mentre mi mettevo il casco gli ho espresso la mia insoddisfazione.

“Non ti devi pesare” mi ha detto lui con naturalezza ” tu vuoi controllare tutto, il rapporto con le figlie, la tua situazione economica, il lavoro…un chilo lo prendi e lo perdi, staresti meglio”.

Cose ovvie, che so, che mi ripeto nella testa da anni, ma forse era arrivato il momento, forse sono stufa di pensare che qualche grammo o qualche chilo faccia la differenza, forse, la mia vita sta prendendo la piega giusta, anche questo è difficile ammettere e devo abbandonare la vecchia pelle per permettere alla nuova di formarsi. Forse, un conto è dirselo a bassa voce, tra sé e sé, un conto è sentire le parole che volteggiano nell’aria e si fermano.

Lo sappiamo, in fondo, le brutte abitudini, quelle che ci portiamo dietro da una vita, come un amore che ci fa male, sono dure a morire. Sono una rassicurazione, meglio il dolore che non sapere cosa ci aspetta.

Ad ogni modo, il giorno dopo, cioè domenica, ho iniziato a non pesarmi più. Ho spento la bilancia sotto il mobiletto del bagno per non vederla. Mi sono data un obiettivo piccolo: 5 giorni (come i castighi che si danno ai figli, mai esagerare che poi ce li hai sul groppone!) ma credo che ora andrò oltre. Mi sento abbastanza bene da farlo.

Ogni mattina, quando vado in bagno, sono pronta per quel gesto, era così dentro la mia esistenza che ci devo pensare un attimo per abbandonare quell’idea.

È come smettere di fumare, ogni giorno aggiungo un giorno nella speranza che la mia vita sia libera di andare oltre il mio peso.

Pesarmi, in fondo, voleva dire non aver fiducia in me, nella mia capacità, come se pensassi di non farcela da sola, nel trovare da sola un equilibrio, che, nel mio caso, si concretizzava nel mangiare con moderazione, cercare di non compensare ma anche concedersi le cose buone.

Controllavano i miei capi scout, quando ero adolescente, controllava il mio fidanzato prima, il mio ex marito dopo e dentro a quel controllo qualcuno mi diceva come dovevo essere, cosa dovevo fare. La bilancia non è altro che spostare quel controllo suo chili. Se pesi “tot” vai bene.

Che poi, quando le cose si controllano, prima poi straboccano e così lunghi periodi di restrizioni per poi finire in una cena smisurata. E tutto ricomincia, funziona così, sempre.

Pesare la bellezza è diverso dal sentirla. Vuol dire accettare di guardarsi e toccarsi, percepirsi sul serio.

Sono un po’ stanca di fare giochi al massacro con me stessa. Ho voglia, a cinquant’anni di concedermi la muta.

Sarà una pelle più vecchia la mia, ma io so che è nuovissima. Non riparto da capo, riparto da qui. Da me.

Insomma, come ogni dipendenza, oggi sono sei giorni che non mi peso. I primi 6 giorni da quando ho memoria che non salgo sulla bilancia e questa cosa mi fa sentire davvero bene.

Lascio andare? Esisto, non controllo, mi concedo.

Sono capace di farlo, ero capace di farlo da tempo, probabilmente, ma non lo sapevo.

Scendete dalla bilancia, guardate la vostra vita, magari, all’inizio alcuni aspetti saranno dolorosi, ma la libertà di poter essere, vi ripagherà di tutto.

È solo un grande, enorme, sollievo.

Besos Penny

8 comments on “A quasi 50 anni ho chiuso con la bilancia. E il controllo.”

  1. Cara, cara , cara. Provo un senso di affetto dopo aver letto questo magnifico articolo. Io ho quasi 49 anni e sono 10 giorni che con caparbietà sono tornata sulla bilancia per quella pancetta, quel mezzo chilo e la gente mi dice ma sei magra!
    Sono almeno 10 passi dietro di te e per ognuno dei 10 passi ho mangiato un pomodoro scondito pesandomi la mattina dopo. I kg non sono variati, allora sono andata sul tapis roulant, ho aumentato l’assunzione di acqua e bevuto campi di betulla. Nulla sta cambiando, sono solo più tesa, delusa e chiusa in me. Ho deciso che è l’ultima occasione che darò al mio corpo per avere 20 anni. Tra un mese deciderò cosa fare, con tutta probabilità ti raggiungerò dopo il fallimento, del resto anche questo fa parte del controllo. E forse finalmente sarò saggia e libera come te.
    Un abbraccio virtuale
    S

    • Ti aspetto qui. Dove siamo libere. E ti capisco, più mi sforzavo, più trattenevo kili e liquidi. Lascia andare…se ti vanno i vestiti nulla è cambiato, solo la libertà. ❤️

      • Ciao Penny, sono ancora nella fase sforzo disumano, in effetti trattengo liquidi e kili, sono fiduciosa di potermi liberare anche io. I vestiti vanno perché li ho presi di una taglia in più…qualcuno di due…?

  2. Cinzia, quanti pesi inutili ci portiamo dentro e dietro.
    A volte ci vuole quasi una vita intera per osare il sollievo di appoggiarli a terra, salutarli senza rancore e camminare oltre ma si può fare , a piccoli passi.
    Godere giorno dopo giorno nel voltarsi e vedere che quei pesi che ci è costato fatica abbandonare – perché per quanto nocivi erano pur sempre una parte di noi – sono rimasti laggiù, ogni giorno un poco più distanti, e che la nostra vita nel frattempo prosegue ed è migliore. Non è facile scoprirsi capaci di fare senza anche delle cattive abitudini ma…lo senti questo respiro più ampio, queste ali che a fatica si scoprono capaci di aprirsi?
    Un giorno per volta, Cinzia, ce la farai

Rispondi