Aprire i social ultimamente mi è diventato veramente difficile. Occupandomi di scrittura, essendo insegnante e essendo donna e madre, i miei interessi ruotano all’interno di questi temi.

Noto un che è sempre più di moda mostrare i propri successi. Il premio vinto, i libri venduti, i libri scritti, le lauree dei figli, le promozioni con pagelle, l’amore ultra resistente ecc…

Sarebbe semplice uscire dai social se per me questo non fosse diventato uno spazio sociale e di costruzione, mi sono chiesta anche se la mia fosse pura invidia, sicuramente un po’ sì. Ma mi interrogo, lo faccio di continuo.

Io che ho alle spalle il fallimento di un matrimonio, ho un amore adulto che fa fatica a mettere insieme i figli, io che non ho mai vinto premi, che faccio fatica a farmi rispondere da alcune librerie, che non ottengo risposta nemmeno da una rivista letteraria a cui sono affezionata, io che mi sono vista rifiutare un libro per bambini già praticamente preso e che piaceva molto, solo perché “La scuola è di tutti” non ha venduto un numero di copie come ci si aspettava, (sembra che il titolo sia fuorviante rispetto ai temi che tratta, educazione e famiglia), un libro che quando riesce ad arrivare è molto amato, io che non ho delle figlie particolarmente performanti, io che vengo letta più in altre scuole che nella mia ( pensate che solo due classi mi hanno chiesto di fare l’incontro con i bambini/e), io che in prima superiore sono stata bocciata, che non ho un bagaglio culturale da “letterata” alle spalle e non posso citare citazioni mostrando la mia “intellettualità”, io che ho osato candidarmi alle elezioni regionali e non solo non ho vinto ma ciò ha anche condizionato alcuni sguardi su di me… io rivendico il diritto ai miei insuccessi, al tempo di percorrenza lungo, ai rifiuti.

Credetemi, non è facile per me parlare di certe cose, non solo perché questo cambia l’immagine che voi potreste avere di me “non è così una brava scrittrice come sembra” ma anche per lo specchio commerciale che posso avere rispetto agli editor che mi leggono. Non so se la mia agente e la mia editor ne saranno felici, ma credo sia importante correre il rischio.

Non è facile, ma per me questo è diventato uno spazio sociale e di costruzione, ho promesso che sarei stata autentica e che avrei raccontato di me anche le parti buie.

Su quelle parti mi interrogo e ci lavoro e mi chiedo perché ad esempio una donna sia letta meno di un uomo, perché se uno scrittore parla della sua paternità è da applausi ( soprattutto da parte delle donne), se lo fa una madre è dovuto. Mi chiedo perché, ad esempio, nella scuola, nonostante ci siano soprattutto maestre, le voci autorevoli sull’educazione siano maschili.

Siamo più sceme? meno intelligenti? abbiamo meno tempo da dedicare? Questo ultimo punto è sicuro.

Perché, è così necessario dire che stai scrivendo un libro, è così necessario comunicare passo per passo quello che si raggiunge o ciò che raggiungono i figli?

A me interessa raccontare il processo, lo spazio che è vita che è fatto di rifiuti, annullamenti, paure, insuccessi.

Mi interessa anche a scuola con i bambini/e, mi interessa lavorare sulla lunga percorrenza, stare vicino mentre sono in cammino, mentre elaborano i no, mentre cadono e non avere paura di quella caduta.

Se ci penso, so che gli insuccessi più grandi della mia vita hanno portato a crisi profonde, così intense che ho dovuto fare un cambio di passo. Non è stato il successo che ne è scaturito a rendermi più felice ma quella caduta, quell’ insuccesso a permettermi quella svolta.

Tutte le volte che succede soffro terribilmente. Soffro quando vedo che gli scrittori pubblicano un libro dopo l’altro e io sono ancora qui, soffro tutte le volte che mi paragono con gli altri. Credo sia umano.

Raccontarvi i miei insuccessi mi aiuta a concedermeli.

Si racconta poco questa parte, si racconta il prodotto, si racconta il risultato ma è quello che ci sta in mezzo che ci permettere di vivere un’esistenza compiuta, consapevole e non solo da esposizione.

Relazionarci con il risultato finale e non con il processo non ci aiuta.

È dura, nessuno dice di no, è una lotta continua con la prestazione, e pure mi piace pensare che anche qui esista un luogo in cui gli insuccessi di ognuno di noi abbiano lo spazio per poter essere visti come aspetti normali e costruttivi dell’esistenza.

Spero mi abbiate capita, e continuiate a leggermi nei libri e qui, nonostante io sia anche questo, nonostante io sia, soprattutto, i miei insuccessi.

Penny ♥️

https://www.ragazzimondadori.it/libri/la-scuola-e-di-tutti-le-avventure-di-una-classe-straordinariamente-normale-cinzia-pennati/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-

https://www.giunti.it › catalogo › il-…Il matrimonio di mia sorella – Giunti

5 comments on “Rivendico il diritto ai miei insuccessi. Come donna, come scrittrice, come madre.”

  1. Trovo ciò che hai scritto estremamente attinente ai miei fallimenti, fallimenti che non mi definiscono comunque, sono libera di fallire ancora fino a che avrò respiro, sarà la somma dei miei tentativi e comunque sarà vita sempre

  2. Grazie per i tuoi insuccessi che ti hanno portato a questa vittoria! Toccare ed incoraggiare con la sincerità

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