Quando litigo con le mie figlie non sto bene.
Ho un groppone allo stomaco e se fosse per me mi riconcilierei immediatamente. È così forte il desiderio di mettere a posto le cose che entro in crisi.
Forse perché sono sola, forse per la paura di non essere una buona madre. Eppure so che devo reggere.
Essere genitore vuol dire accettare di non piacere talvolta ai propri figli, in modo che si mettano in discussione e si facciano delle domande.
Devono imparare che il mondo non ruota intorno a loro e che bisogna prendersi cura delle persone che si hanno vicino.
Quel tempo di attesa in cui lascio le mie figlie dentro alla mia arrabbiatura è un tempo buono, ne sono consapevole, ma fa male. Perché in quel momento io non sono il meglio per loro, ne ciò che desiderano, sono qualcuno da cui allontanarsi.
Eppure il gioco della crescita sta dentro a quei confini.
Quelli che permettono ai figli di non confondersi con noi e a noi con il loro bene. Come se esistessimo solo attraverso un loro riconoscimento.
Sono i no, i dissensi, i contrasti con cui si devono misurare quelli che dobbiamo reggere.
Come fossero una palestra. Un luogo di prova per la vita, quella fuori di noi. Quella con cui dovranno fare i conti.
Diciamo che ogni tanto è il caso di ricordare ai nostri figli quali sono i limiti entro cui possono stare, e ricordarlo a noi stessi.
Doobbiamo riappropriarci del ruolo di genitori e riconsegnar loro il ruolo di figli, perché è ciò di cui hanno bisogno. Essere figli.
Invece, a volte, da loro pretendiamo che colmino le mancanze, quelle della nostra vita.
A volte diventano il partner che non ci ama, il lavoro che non ci piace, l’esistenza che non ci soddisfa.
Sarà che fare tutto da soli è un gran mazzo, almeno per me. A volte, anche se si è in due, è solo uno che si fa carico dei “no”, delle rotture.
È davvero difficile, e sarebbe mille volte più facile accondiscendere, ma è necessario allontanarli un po’ per provare a capirsi. Allontanarli un po’ per ritrovarsi. Far capire loro quando sbagliano.
E, alla fine, se teniamo un po’ duro, se non ci facciamo assalire dai sensi di colpa, li ritroviamo sempre questi figli, spesso, grazie a noi, più pronti per affrontare il mondo.
Capaci di reggere i conflitti senza frantumarsi.
Dopo due giorni di liti, musi della girl, spiegazioni in cui lei sbuffava, alzava gli occhi al cielo, ha chiesto scusa. A suo modo.
Prima di andare a dormire sono andata in camera per darle la buonanotte. Eravamo entrambe tese, ma gli occhi si cercavano.
Ho spento la luce. Ho lasciato che si addormentassero e poi sono tornata.
A guardarmele un po’.
Sono le mie figlie. Ho una grande responsabilità nei loro confronti e non è quella di piacergli ma di farle crescere capaci di affrontare il mondo. Se poi, mentre lo affrontano, sono pure felici, saprò che sono stata una buona madre.
Penny
#ilmatrimoniodimiasorella
Sosdonne.com
Grazie….grazie…se non ci fosse Penny a darmi una pacca sulla spalla per farmi capire che nn sono una matta, per fortuna accade. Qualcuno continuerebbe sempre a farmi sentire sbagliata. Ti voglio bene?
Ti bacio. Vale lo stesso per me, quando mi scrivete mi sento “normale”…?