Quando in classe di tua figlia c’è un disabile.

Lei va a scuola. Liceo.

In classe ha due ragazzi con disabilità. Uno di questi è autistico. Lei è abituata ad avere in classe compagni diversamente abili. Nelle scuole che ha frequentato c’è sempre stata un’integrazione piena. E io le ho scelte proprio per quello.

“Lui parla da solo” mi dice, ” lo portano fuori spesso, credo si stanchi”.

Io ascolto con attenzione.

“Sai mamma, a un certo punto, una prof l’ha sgridato perché continuava a parlare tra sé, credo la infastidisse, faceva rumore”.
“E lui?” le ho chiesto io.
“Lui, ha continuato a farlo, non poteva smettere di parlare da solo. Non lo fa mica apposta!”.

Mi si è stretto il cuore.

A volte, i nostri ragazzi sono migliori degli adulti.

E quello che imparano dalla disabilità, dall’ avere accanto ragazzi piuma, come li chiamo io, non ha paragoni.

Il silenzio in una classe, non viene prima. Viene prima il rispetto per l’altro, l’accettazione e l’accoglienza.
Mettersi nei panni di.

Ecco, quando pensiamo ai nostri figli, ai voti, all’ ossessione rispetto a quello che raggiungeranno, alla fierezza e all’orgoglio, chiediamoci sempre chi sono.

Questo conta. Mica altro.

Conta il loro sentire. Il coraggio di capire ciò che è giusto e  ciò che è  ingiusto.

Conta chi sono, appunto.

Giovani umani. Migliori di ciò che immaginiamo.

Buona giornata a tutti.
Penny
#ilmatrimoniodimiasorella.

PS: Ci vuole coraggio a non andare dietro alle richieste della società, a combattere un sistema che ci divide in bianchi e neri, in inabili e abili, in maschi e femmine. Madri e padri. Tutto va in quella direzione, cercate, per quanto potete, con voi stessi e con i vostri figli, di andare in una direzione ostinata e contraria. Che sappia di felicità. Umana. Non solo personale.

Vi abbraccio tanto.