Lei arriva, e io non so come succeda. Inizia per caso, senza nessun motivo. Mi raggiunge alla bocca dello stomaco e si piazza lì.

Inizia a girare in tondo, con lentezza, e fa girare anche me. Non respiro più. Digrigno i denti. Dormo male o poco.

Potrei chiamarla angoscia, nervoso, agitazione. Senso di vuoto. Tristezza.

Dicono che caratterizza le donne, ma, secondo me, non è così. Nel femminile, forse, è solo più evidente. Esplicita.

Lei arriva, e io non so come succeda. Si piazza su di me e le cose mi appaiono diverse dall’attimo prima. Lei non è mai sola, porta con sè la solitudine.

Un buco nero. E quando arrivano solidali, sanno essere spaventose.

Le mie figlie mi sembrano diverse, io mi sento incapace, perdo il senso e le cose che  mi sembravano superabili non lo sono più.

Lei non si può spiegare. Almeno io non ci riesco. Oscura la realtà e la rende difficile. Può durare un giorno, due, prima durava intere settimane.

Ora la conosco e non la combatto. Non mi faccio più fregare. Aspetto che passi.
Sto ferma.
Mi chiedo perché.
La considero parte dell’esistenza.

Non la taglio fuori. Non me lo perdonerebbe.

Considero normali le mie oscillazioni, che poi sono le sue. Non mi faccio spaventare, insomma. Cioè, un po’ mi spavento, ma resisto. Così, lei dopo un po’ se ne va. Forse in un altro corpo.

Lei non si può sconfiggere. Torna sempre, magari, in forme diverse. Appartiene a tutti. Anche a quelli che sono contornati dai “chiunque” e se ne vantano.

Gli altri, non sono mai la soluzione.

Crediamo di essere unici per lei. Indispensabili.  Invece, lo è lei per noi. Nonostante il dolore.

Quando arriva, e porta con sè quel nervoso alla bocca dello stomaco, ci richiama al senso.
Ci obbliga a pensare.
Ci riposizione al centro. Come una spia rossa.
Ci avverte. Ci mette in discussione.

Lei arriva, e io non so come succeda. Inizia per caso, senza nessun motivo.
Lei fa parte dell’esistenza. E, può sembrare strano, io le sono grata.
Riconoscente è la parola giusta.

Quando se ne va, mi abbandona, io sono un’altra.
Di solito piu consapevole. Sicuramente migliore.

Penny
#ilmatrimoniodimiasorella

10 comments on “Lei. La tristezza.”

  1. No cara Penny …Non è solo femminile. Ha accompagnato le mie notti insonni per mesi. Alla fine la chiamavo amica tristezza. Ogni tanto portava anche un’altra amica che chiamavo nostalgia. Ti confesso che ora non è più così presente , ma ogni tanto torna a trovarmi. Forse è per ricordarmi che niente è sicuro, niente è per sempre ….e così diventa un dovere godere di ciò che si ha di buono e nutrire ancora un sano stupore.
    Un abbraccio

  2. Credo di poter dire che capita a tutti…in alcuni periodi della vita si presenta più di frequente…però a me in un secondo momento crea nervosismo…proprio aggressività che poi esterno verbalmente accanendomi contro mio marito – di solito – per cavolate assurde. Come fosse un modo x reagire (sbagliato).
    Poi torno triste doppiamente…pentita x le inutili crisi isteriche…ahimè

    • È che bisognerebbe sempre essere a piombo, ma ciò non è possibile…siamo umani per fortuna. E bisogna perdonarsi. Comunque ti capisco benissimo. A me capita con le girls…??‍♀️Penny

  3. Lei è arrivata da me venerdì scorso. Dopo la giornata passata in ufficio, l’ho portata a fare una lunga passeggiata in bicicletta, abbiamo visto uno splendido tramonto, abbiamo preso un gelato e quando è stato troppo buio, l’ho salutata e ringraziata e sono tornata a casa, da mia figlia. Ed ero una persona diversa.
    Grazie per il tuo scritto.
    Silvia

    • A me sabato e domenica. Sono andata sulle alture di Genova. Tra gli ulivi. Ho guardato il mare e mi sono sentita parte di qualcosa di più grande. Mi ha fatto bene. Non fuggire. Ritrovare il centro.? Bacino. Penny
      PS grazie

  4. Hai colto la chiave giusta per gestirla. Non sfuggirle ma accoglierla , chiedersi cosa ci vuole fare capire, prestarle attenzione, guardarla in faccia, e poi lasciarla andare. E ringraziarla per come ci fa apprezzare tutte le altre emozioni.

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