Spesso mi volto indietro e guardo la strada.

So quanto mi è costata la separazione. Non solo in termini economici, ma anche emotivi.

Tutte le volte che finisce una storia, il cuore si fa in mille pezzi. Se ci sono dei figli, poi, qualche pezzo manco lo ritrovi più.

Eppure, oggi  sono una donna nuova.

Oggi, mantengo le mie figlie, mi faccio in quattro per non aver bisogno, contengo la paura.

Spingo la mia autonomia più che posso.

Cerco di difendere e di proteggere i loro diritti, ma, soprattutto, ho ripescato i miei sogni.

Ho imparato ad aspettare, le cose belle arrivano sempre.

Ho imparato ad agire, quando le cose non funzionano.

A riposizionarmi, se prendevo male la mira.

A ripartire, quando qualcosa andava storto.

Ho scoperto che ho una dignità e ho un valore.

Ho imparato a guardare le cose da angolazioni diverse. E poi sceglierne una.

Ho capito che l’angoscia può essere superata. E, quando pensi che sia la fine, ci sono sempre mille inizi.

Se mi guardo indietro, so di aver fatto soffrire le mie figlie. Ma so con certezza che mi stanno osservando.

Fanno esperienza di me che sono fragile e che della fragilità ho fatto la mia forza.

La mia speranza e che imparino, prima di quanto abbia fatto io, a farcela da sole. La mia speranza è che respirino la voglia di autodeterminarsi.

La mia speranza è che se un giorno si perderanno per strada e si dimenticheranno chi sono, si ricorderanno di quella madre a cui è successa la stessa cosa. E sapranno trovare la forza per rinnovarsi.

E ricominciare.

Ecco, alla fine, mi sembra che questo abbia un peso. E pure grande.

E poi succede che una sera a una festa, io mi metta a ballare da sola e non mi importa degli altri, e le mie figlie mi guardino e prima si vergognino. E ci siano facce di disgusto, mani sugli occhi.

“Mamma, siediti!” mi impone una.

Io continuo a ballare da sola e sono felice.

Così, dopo un po’, capita che le due si guardino negli occhi, si facciano un cenno e ballino con me.

Gli altri sono sfondo.

Noi tre stiamo imparando a ballare da sole.E niente, è così bello da bloccare il respiro.

Penny

8 comments on “Donne che ricominciano e imparano a ballare da sole.”

  1. È la fine di una giornata faticosa. Oggi sono sveglia dalle 5:30, e ho fatto 3 ore di lavoro straordinario (opportunità che purtroppo non ho spesso di guadagnare qualcosa in più per le mie bimbe). Apro distrattamente facebook e leggo, di seguito, due scritti profondissimi sulla fragilità come forza. Uno è del bravo giornalista Alessandro Milan, l’altro è il tuo. Grazie. Non solo perché leggendoti mi sento meno sola, meno ansiosa, meno disperata. Ma perché capisco proprio qualcosa di importante, qualcosa che forse già so ma dimentico continuamente, nonostante il mio ragazzo e alcune care amiche siano pronte a ricordarmi sempre: IO VADO BENE COME SONO. Non ho bisogno di essere una Wonder Woman, non fa niente se a volte piango davanti alle figlie, se spesso dico che sono stanca, se a volte mi sembra di aver sbagliato nel volere una separazione che mi ha portato ad impoverire con me anche i miei due cuori, e mi sento in colpa, e mi sembra di aver tolto loro delle possibilità, in questa piccolissima casa in affitto con un lavoro part-time ed un mantenimento (solo per loro) che non basta a far fronte alla marea di necessità di due ragazzine in crescita. E penso spesso di essere troppo fragile, ma poi non mi abbatto mai e vado avanti, e coltivo sogni e passioni nonostante il poco tempo, e insegno loro (ci provo) che solo con l’impegno e la costanza si ottengono buoni risultati. E loro mi amano, e io le adoro, e vedo nei loro occhi gli stessi occhi del loro papà che ora per varie ragioni non stimo più e che per acredine mi evita come la peste e non mi rivolge più parola se non tramite sms, ma che un tempo mi aveva fatto tanto innamorare, e partire in quarta verso un progetto di famiglia di cui troppo tardi ho capito che avevamo idee troppo divergenti. E costruisco da sola ciò che non è stato possibile costruire insieme, e questo è meravigliosamente triste, e rido, e piango, e vivo: per loro, con loro ma anche per me e con me. E questo mio vivere sempre col cuore in mano mi rende fragile ma è al tempo stesso la mia forza più grande. E leggo te, che mi assomigli, e mi ricordi che sono sulla strada giusta. Proprio come lo sei tu. ❤

    • Leggerti mi fa sentire meno sola. Meno sbagliata. Insieme. In cordata. Stiamoci vicine Ilenia. Io ne ho bisogno.
      Prenditi cura di te e torna.
      Con affetto infinito Penny

  2. L’esempio che stai dando loro è spropositato e resterà inciso nel loro cuore e nella loro testa. Per questo sarai sempre il loro faro.
    Mi resta dentro l’immagine della nonna che non si fermava e non si arrendeva mai. Davanti a nulla. Ecco, credo che lei sia il mio faro. E forse anche il mio angelo custode.

    • Sai, ho sempre amato i fari. Ne subisco il fascino, da sempre. Essere un faro mi sembra impossibile. Ma, forse, chissà!
      Grazie amica mia. Penny

  3. Ciao cara Penny, sai sovente ho bisogno di leggerti per avere la conferma di aver fatto la cosa giusta, di sentire attraverso le tue parole che quello che si passa è in qualche modo fisiologico. Oggi, però, mi prendo la confidenza di dirti (e dirmi) che sì, va tutto bene. Oggi, adesso. E siamo state brave, nonostante tutto…e le nostre figlie non avranno i jeans firmati ma l’esempio che si può sempre dare un corso nuovo alle cose, anche se costa sotto tutti i punti di vista.
    Sono adolescenti, gli svarioni d’umore e tutte le paturnie del mondo li avrebbero avuti anche se fossimo ancora insieme ai loro papà, forse anche peggio. Non è sempre colpa nostra di tutto. Ogni tanto (spesso, azzardo…) è anche merito nostro!!
    Ti abbraccio forte, grazie.

    • Cara Valeria, grazie. Le tue parole mi fanno bene, che riconoscermi qualcosa è un’impresa…io spero davvero che siano felici e sincere con se stesse. Come una possibilità. Ti abbraccio tanto. Penny

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