Ieri sera parlavo con la mamma di un mio alunno. Dopo cinque di anni scuola, anche le mamme sono un po’ mie, e non posso fare a meno di essere partecipe quando condividono stati d’animo. Era triste e arrabbiata per alcuni comportamenti del figlio.
Inutile dire che mi ci sono rivista, ho visto il mio volto addolorato quando le cose non vanno come vorrei con le mie figlie. Quando non corrispondono alle aspettative che mi sono fatta su di loro. In fondo, in certe cose, siamo tutte uguali noi madri.
Eppure se penso alla vita, e al suo procedere e penso ai miei alunni (verso cui ho un occhio più obiettivo rispetto alle girls) credo che lo spazio di manovra dei nostri figli debba essere per forza fatto di tentativi ed errori. E di delusioni.
Dobbiamo farci deludere per amarli sul serio. E loro devono deluderci per differenziarsi da noi e sapere qual è la cosa giusta.
I figli vanno guardati, e dobbiamo avere il coraggio di scrutarli con attenzione. Di soffermarci sulle crepe e le carenze. Sono quelle, più del resto che ci dicono qualcosa di loro. Del loro animo segreto, quello che li visita la notte.
Ogni tanto si legge sui giornali di atti estremi compiuti da ragazzi per bene di famiglie per bene, spunta sempre quella parola che tanto mi spaventa: normalità.
Ragazzi normali di famiglie normali.
Mi chiedo se nelle famiglie di quei ragazzi, nella loro vita normale, nella società che li circondava, ci fosse lo spazio per il fallimento.
Se quei figli abbiano avuto il tempo di deludere ogni giorno un po’.
Le girls mi deludono, e anche i miei alunni lo fanno. E ogni volta che succede c’è lo spazio per fermarsi, ragionare, ritrovarsi attraverso la parola e correggersi. C’è quella possibilità che si chiama cambiamento e costruisce l’identità dei nostri figli.
Un’identità capace di fragilità.
Attraverso il deludere loro stessi e gli altri, i nostri figli imparano ad amarsi. E a noi genitori non resta che fare altrettanto: amare le nostre manchevolezze e non avere paura di mostrarle.
Solo questo ci deve interessare.
Che imparino a stare nella vita con tutto ciò che comporta: cadute e scivoloni.
Che sappiano affrontare, e si salvino.
Tutto il resto, al confronto, mi sembra davvero poca cosa.
Penny❤️
Se volete cercarmi questi sono i link del mio romanzo e del mio albo illustrato. In uscita a giugno un libro di letteratura per l’infanzia.
http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/
https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/
blablabla, blablabla….
non ho nulla da aggiungere, quoto ++++
Cara amica mia, bene prezioso. Penny
Tempo fa, una conoscente mi disse una frase che ancora ricordo nonostante gli anni passati. Riguardava il suo rapporto con la figlia secondogenita, dodicenne. La frase era “facciamo tante “lotte”, lei mette i musi, litighiamo, facciamo pace… ma è giusto così a questa età. Loro Devono poter capire CHI sono. E noi gliene dobbiamo dare la possibilità”.
Ho pensato tantissime volte a questa chiave di lettura per le mie fatiche con i miei Bulldozer, e guardarle in questo modo mi ha sempre aiutato a ritrovare le giuste prospettive, a dare un senso ai momenti difficili, in cui sentirsi delusi dai figli è facile. È umano…
Come sempre, Penny, ti abbraccio stretta, siamo sulla stessa giostra 🙂
La giostra che gira chissà se ogni tanto riserva qualche fermata. Scrivo e mentre lo faccio è come se ripetessi a me stessa la direzione da prendere, perché i figli ci deludono e si sta male. Scrivere mi ricorda che la strada piena di curve e deviazioni è una strada. La loro. devo rispettarla e amarla il più possibile, non sempre condividerla. Grazie Cinzia. Dovremmo farci un giro in giostra io e te senza ragazzi tra i piedi. Sarebbe bello. Penny
Cara Penni, ti scopro oggi e mi piaci tanto!
Complimenti!
Grzieee. Allora resta o torna qui. Penny
…totalmente d’accordo. Condivido contro quei disvalori performativi celati (ma non troppo) dietro i pretesti ideologici sulla meritocrazia! Una cosa è il riconoscimento dei meriti e altra cosa è il “potere” dei meriti. Le fanfare meritocratiche sono spesso non inclusive e nascondono una visione del mondo gerarchica fondata su valori legati al successo pubblico ed alla posizione economica. Si disconosce il percorso tortuoso di ogni vita, la nostra come quella dei nostri figli, che, come mi dicono e faccio fatica a capire, è sopratutto la loro!
Ecco, mi fermerei a questa parola: inclusione. Includere delle possibilità, includere gli altri, quelli che non ce la fanno, includere le nostre debolezze. Ogni vita è a sé, hai ragione, ogni percorso unico e irripetibile. Sono per il processo e il percorso, non per la prestazione. Ma credo che tu l’abbia capito. Penny