19.30. Rientro a casa. Spero che le girls abbiano almeno messo tavola o che non stiano litigando per farlo. A volte trovo ancora i piatti del pranzo nel lavandino e divento matta.

Giornata lunghissima. Scuola. Prof. Salone dell’orientamento. Crampi. Riunione.

Giro la chiave nella toppa. C’è silenzio.

Arrivo in cucina, le due hanno le teste vicine, piegate su alcuni fogli. Parlano fitto.

Dio mio, penso tra me. Tradotto in: cosa cavolo sta succedendo?

Mi avvicino. Non poso nemmeno la borsa. Non mi tolgo la giacca.

“Ciao” dico.

“Ciao mamma” risponde la girl piccola. Si alza e va in camera a prendere qualcosa. Forse una gomma.

La grande mi guarda, sul tavolo uno schema sui modi e i tempi dei verbi.

Aggrotto la fronte.

“Era un po’ confusa” dice di sua sorella.

Non che la cosa mi stupisca vista la disortografia della piccola. L’ h per lei è un incognita. Le doppie pure. La possibilità di farcela pure.

“E?” domando incredula.

“Abbiamo deciso che una volta alla settimana l’aiuto a fare un ripasso di grammatica”.

 Ripasso? Aiuto? Ha preso una botta in testa? Penso al fatto che si litigano per chi usa la sciarpa, che poi è la mia, per chi mette a posto, butta la spazzatura.

La piccola ritorna e si mettono a ripetere i verbi. Una spiega con pazienza. L’altra ascolta attenta.

C’era una volta…imperfetto.

Mangiò…passato remoto, vedi? è un passato lontano, spiega la girl grande.

Sono andata in camera. Non so perchè. O meglio lo so, mi sarei messa a piangere dalla commozione.

Come quando succede qualcosa d’importante.

Ci sono voluti 16 anni di una, e 13 dell’altra per vederle così. Insieme. Unite.

Credo fosse la prima volta.

Ora. Qui.

Con me, in una casa che è un buco, che sono separata e ho sempre paura per ciò che non sarà.

Con me, che mi sento in colpa per la famiglia che non sono riuscita a dare.

Qui. Senza una lira.

Qui. Con un padre che vedono poco.

La cosa è andata avanti. Hanno persino simulato una verifica. Come fossero a scuola.

La piccola ha preso 10. Nonostante qualche errore. La sorella é stata magnanima. Buona, potrei dire.

Mi hanno sventolato trionfanti quel foglio davanti agli occhi.

“Devo firmarlo?” ho chiesto.

Si sono messe a ridere.

A volte ci aspettiamo delle cose. Quelle che vediamo sempre e che confermano le nostre paure. Il terrore di aver fatto la scelta sbagliata. Conosciamo una strada e la percorriamo.

Poi accadono delle altre cose. E arrivano all’improvviso. Sono doni preziosi. E sai che hai piantato qualcosa, e sta crescendo. E allora puoi guardare indietro. E pensare che il passato e il presente possano coesistere. L’armistizio è stato fatto.  E quello che siamo oggi non è poi così male. Perchè, in fondo. Sì, in fondo, è il frutto di quello che siamo state ieri.

E possiamo solo dire grazie per tutto ciò che è successo. Proprio tutto.

Penny

7 comments on “Le cose vanno a posto. Prima o poi.”

  1. Cara Penny, quando le persone si chiedono cosa sia la felicità farei leggere loro il tuo racconto. La felicità dei gesti semplici che non ti aspetti, dei semi che germogliano, delle relazioni familiari che si rafforzano attraverso il gioco e la collaborazione. Non quella delle vacanze esotiche, delle macchine costose, dei vestiti all’ultima moda ma quelle di un bacio inaspettato, di un abbraccio tenero, di un sorriso che chiede di essere ricambiato. Immagino come ti sei sentita e so che eri veramente felice. Anch’io lo sono per voi.Buona giornata❤

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