Quando gli anni dietro alla tue spalle sono più di quelli che ti stanno davanti, le cose cambiano.
Il matrimonio, ad esempio. Come togliere strati di polvere. Oppure il modo di guardarsi.
L’altra sera, mentre mi cambiavo, l’occhio è caduto sulla mia pancia; al centro, la pelle non è più tesa, si sono formate delle grinze.
Il primo pensiero è stato:”Oddio!”. Poi, è successa una cosa strana: mi sono fermata. Ho riguardato bene e, forse per la prima volta, non ho avuto bisogno di immaginarmi diversa o di pensare alla dieta, alla ginnastica, ai miracoli.
La verità è che inizio a conoscermi e vedermi per quella che sono. Sono più generosa con me stessa e con gli altri, molto di più di quanto lo sia stata in passato.
“Il tempo stringe”, mi dico spesso, “è ora”.
E ho meno paura. Del giudizio, di quello che possono pensare gli altri. Delle aspettative a cui non riesco e forse, ho capito che non voglio rispondere.
Alla mia età, potrei avere strizza e rincorrere desideri impossibili, ma non avrebbe molto senso. Oppure rimpiangere progetti non realizzati, ma anche quello non mi porterebbe a nulla.
Ma posso agire sul tempo che rimane. E questa mi sembra una grande possibilità.
E se da una parte il tempo stringe e mi sembra prezioso, dall’altro, ciò che ieri era urgente, ora non lo è. È urgente occuparmi di me. Prima del resto. È urgente coltivare passioni. Stare con le persone a cui voglio bene. E se qualcuno sento che mi fa del male, semplicemente mi permetto di cambiare strada. Ho meno paura, appunto. Anche delle solitudine. Che può divorare, certo; ma può anche sostenere. Dentro al silenzio mi riposo. E scopro cose che mi riguardano.

È diventato urgente stare ferma, senza la paura di perdere chissà che, intanto lasciamo sempre indietro qualcosa.

L’altro giorno coricate sul letto, le girls hanno fatto i conti. “Quando io avrò la tua età” mi ha detto la piccola “tu avrai 86 anni!”.

“Già”, le ho risposto. Poi, come se fossero due cuccioli, hanno voluto essere rassicurate sul fatto che, a ottant’anni suonati, sarei stata ancora viva.
I figli hanno bisogno di sapere che siamo un per sempre, su questo non ci sono dubbi.

E siccome i pensieri tornano, non so come, a scuola c’è capitato tra le mani una storia che parlava della morte.

Molti bambini credono nel Paradiso. Hanno bisogno di immaginare un luogo per chi non c’è più. Una porta e un signore che ti fa accomodare (così hanno affermato). Uno di loro, che si definisce ateo, ha esposto con sicurezza la sua teoria: “Io credo che quando muori vai in un posto che desideri, tipo, se a me piace la montagna, io andrò in montagna”.
“Ma se sei morto, come fai ad andarci?” ha chiesto una bambina.
“Ci vado perché l’ ho desiderato tanto nella vita”.

A me è piaciuta come soluzione. Immaginarci in un posto in cui sappiamo di stare bene, luogo di desideri.
Per alcuni può essere un posto fisico. Per altri un corpo. Una persona che si ama.

“Comunque” ha aggiunto un altro bimbo “quando muori, poi riparti da dove sei morto”.
“In che senso?” chiedo incuriosita.
“Riparti a vivere dove eri rimasto. Rincominci”.

“Ho capito, come tante possibilità” ho concluso sorridendo.

Allora, oggi, dentro a questa vita che ha urgenza di essere vissuta e a cui mi sento grata, questa vita che amo di più con il passare del tempo perché ne riconosco il valore immenso dato dalla finitudine, oggi penso alle due bimbe morte per mano di quello che doveva essere loro padre. Visto che non potranno avere un’altra possibilità, vorrei che fossero nel luogo più bello che hanno mai desiderato. Un luogo in cui nessuno potrà più fargli del male, l’unico posto sicuro, vicino al cuore delle loro madre.

Penny

 

Ps: per quanto riguarda noi, lo so che mi ripeto, ma cerchiamo di essere grati a questa nostra esistenza, finché siamo qui possiamo ancora avere entrambi: desideri e possibilità. E che la morte di uomini, donne e bambini, vicini e lontani, non sia mai vana, ci sia da monito per gli sprechi e le energie buttate. Facciamoci toccare, non lasciamo che l’indifferenza si faccia strada dentro di noi.

Vi abbraccio come sempre. E che siano giornate preziose, le vostre.

 

4 comments on “Il valore della finitudine. Della vita.”

  1. Finalmente arrivano le tue parole come gocce di pioggia a disperdere le lacrime e anche la mia solitudine diventa meno insensata
    Grazie Penny

  2. “Comunque” ha aggiunto un altro bimbo “quando muori, poi riparti da dove sei morto”.
    “In che senso?” chiedo incuriosita.
    “Riparti a vivere dove eri rimasto. Rincominci”.

    …una consapevolezza impressionante: a sei anni si è ancora tanto vicini a quel “ricominci” e ci si ricorda bene come vanno queste cose, le cose della nostra vita animica 🙂
    Poter guardare i bambini così da vicino è un privilegio di pochi, cara Penny, e quanto è prezioso il tuo ruolo, per accogliere i loro progetti di vita, quello che sono venuti a fare in “questa” vita.

    È una sorta di “specchio” per gli adulti, perché ci rimanda sollecitazioni a dare valore alle nostre vite, alle nostre scelte animiche… discorsi che offrono prospettive d’interpretazione meravigliose

    Ti abbraccio, amica <3

    • Lo so. Sono fortunata. A volte, arrivo a casa con il cuore colmo. Come mi mettessero in pace con la vita…e quell’abbraccio lo prendo. Mi sei cara. Sappilo. Penny

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