Ieri pomeriggio sento piangere. Mi affaccio preoccupata alla finestra. Sotto casa mia ci sono due fidanzati, lei avrà 17 anni, lui qualcuno di più.
É lei che piange, continua a ripetere :” Non te ne andare” e trattiene il ragazzo per un braccio.
Lui la guarda e le dice scocciato: “Mollami sei imbarazzante! Ti stai umiliando”. Ma rimane.
La girl sente le urla e viene in cucina anche lei, perché è un difetto di famiglia quello di farci abbastanza i fatti degli altri, e si mette ad origliare con me, un po’ preoccupata che la situazione degeneri.
“Nasconditi che ci vedono” mi sussarra la girl, che si era già accucciata sotto alla finestra. Lei che ha paura della sua ombra e soprattutto delle brutte figure: cosa penserà tizio, cosa caio…
“Non ci penso nemmeno” le rispondo.
“Stai zitta, ci sentono!” continua mettendosi un dito sulla bocca, sempre accucciata. E mi tira giù, con lei.
Una situazione piuttosto surreale. Io e lei accucciate sul pavimento in casa nostra. Ad origliare due ragazzi che litigavano.
Comunque, dopo poco, capiamo che il motivo del litigio sono le uscite estive in discoteca di lei. La ragazza stava chiedendo perdono, era disperata, e non provava nemmeno a difendersi. Che poi non doveva difendere un bel niente.
“Non lo farò mai più”. Le diceva singhiozzante, come se perdendo lui, stesse perdendo se stessa.
E lui lo sapeva. Di detenere un potere. Lo sapeva perché si allontanava ma non lo faceva sul serio. Come lo sanno gli uomini che menano, umiliano, trattengono. Si allontanava e stava lì. Diceva che non doveva vestirsi in quel modo, che se le cercava…
Cavoli, mi sono detta, iniziano bene! E un po’ ero contenta che la girl origliasse, così avremmo avuto modo di parlarne dopo.
D’altronde, ho pensato, i meccanismi che usiamo nei rapporti con gli altri sono cosa vecchia. Ce li portiamo dietro da tempo. Visti e riproposti. Perché è quello che conosciamo.
Per quanto mi riguarda ho sempre avuto una paura fottuta dei conflitti. Così fottuta, che mi ci cacciavo dentro, come potessi salvarmi dal dolore anticipando la sofferenza, Il che è un controsenso. Ma funzionavo così.
Con il mio ex marito litigavamo di continuo. Lui metteva i musi per giorni, io, oi, dimenticavo il perché delle liti. Mi teneva così legato a sé. Stando immobile dentro alla sua posizione, e non cedeva, sapeva che lo avrei fatto io.
Io che senza la sua approvazione non riuscivo a stare, io che senza l’approvazione degli altri non esistevo.Io che non ero mai abbastanza. Che mi meritavo la sua rabbia. Dovevo essere più ragionevole. Meno nervosa. E così via.
Mi ricordo che, durante le nostre litigate, per avvalorare la sua tesi mi diceva: “Non lo penso solo io, ma anche gli altri!”.Lo detestavo, perché lo sapeva benissimo che stava colpendo nel segno, laddove ero più fragile.
Gli altri per tanto tempo sono stati il mio ago della bilancia. Piacere a loro, voleva dire piacere a me stessa. Non piacere a loro, voleva dire non esistere. Se loro mi ferivano io ero bloccata.
La separazione mi ha insegnato tante cose, anche per questo in fondo sono grata di quell’esperienza, per quanto dolorosa, una di queste cose è la capacità di reggermi il fatto di non piacere.
E sapete cosa ho scoperto?
Che non cambia niente. Il mondo non crolla. Le persone dimenticano. I fatti si superano. E noi rimaniamo. In piedi. più forti. E gli altri si sono spostati un po’ più in là.
Se guardo indietro i miei rapporti sono stati molto simili uno all’altro, oppure per opposizione. Perché non sapevo chi ero, e avevo bisogno di aderire a qualcuno per sentirmi riconosciuta.
Ora ho le spalle più grandi. E gli altri hanno assunto il giusto valore. Non mi frantumo più come prima anche se ogni tanto può capitare che mi perda.
Poi mi ritrovo. Però. Perché so chi cercare e dove. Me stessa.
E il conflitto, quello buono, aiuta. Anche questo ho imparato, fare finta di niente non serve. Quello in cui si è alla pari. In cui si cede un po’ a turno. Non quello in cui l’altro ha tutto il potere. Quel potere che in fondo diamo noi.
I due fidanzati se ne sono andati. Lei piangeva ancora e lui l’allontanava. Erano due adolescenti, eppure non ho provato tenerezza, ma solo paura. Io e la girl ci siamo tirate su.
“Ecco, hai visto! Non ti fare mai trattare così!”.
La girl mi ha guardato con gli occhi a gufo, con quell’espressione che conosco, come a dire che sono una palla e si è chiusa in camera.
Certo che è sempre bello dare insegnamenti ai figli. Come loro non ti ascolta nessuno!
Buona giornata e i chiunque per oggi lasciateli un po’ stare. fregatevi di voi, che fa bene ogni tanto.
Penny
Si riproducono i modelli che si ha avuto davanti in casa …ahimè !!!
I meccanismi si riproducono identici…….finché non si spezzano le catene ……
E spezzarle non è facile, ma noi ne sappiamo qualcosa, vero? Bacetti tanti. E torna un po’. Penny
Il problema è che spesso si capisce solo dopo, solo quando ci rovesciamo come un calzino, quando riusciamo a guardarci dentro e contemporaneamente a vedere la nostra vita passata dall’esterno, come fosse la storia di un’altra persona. Solo allora capiamo e ci diciamo come siamo state sciocche, come abbiamo potuto non accorgerci, riusciamo finalmente a capire il vero valore di noi stesse e non il valore che ci danno gli altri. Così riusciamo a smettere di pensare di essere fragili e di aver bisogno necessariamente di qualcuno che ci dia la forza, motivo per cui credevamo che un abbandono fosse la nostra fine. Ma non è così, la forza ce l’abbiamo dentro, dobbiamo solo cercarla e riconoscerla.
Allora la frase “vado via!” (ma rimango) non ci fa più soffrire anzi è come una liberazione, siamo pronte a rispondere senza lacrime (che quelle ormai sono finite!) “allora vai!” lasciando definitamente quel braccio…
Ci vuole tempo, almeno per me, ce n’è voluto davvero tanto. Capire che potevo farcela, che non sarei morta, che senza l’accettazione di alcune persone potevo vivere lo stesso. Anzi, forse sarei stata meglio. E quando l’ho capito, come dici tu, mi sono chiesta perché non l’ho fatto prima. Cosa mi ha trattenuto. Eppure la paura della solitudine ci blocca. Ora è tutta un’altra cosa. Ci sono io, la mia vita e poi le cose belle succedono. Ti abbraccio mamma disorganizzata che è bellissimo non avere ordine nella testa…lasciare andare…cogliere l’essenza delle cose. Penny
Cara Penny, all’inizio mi desti un indirizzo email su cui scriverti in privato. Ecco credo di sentire il bisogno di usarlo, però non lo trovo più. Potresti rimandarmelo? Grazie e buona giornata
penny@sosdonne.com ( prova) se non funziona riscrivimi. Baci
Ok grazie
“Certo che è sempre bello dare insegnamenti ai figli. Come loro non ti ascolta nessuno!”.
Sante parole!
Ecco, a volte, mi sento scema. E mi chiedo se ho sbagliato qualcosa. Per fortuna arrivano le rassicurazioni come le tue. Grazie
Ps ma quanto è difficile? Buona giornata Penny
cara Penny, leggerti a volte è come rileggere la mia vita, la mia storia. Un po’ diversa ma molto simile. E sì, noi donne purtroppo siamo molto brave a considerare il nostro valore solo di riflesso agli altri. Anch’io come te per anni non “esistevo” se non come moglie di, mamma di, e ci ho messo del tempo per ritrovarmi. Tempo e lacrime, sofferenza, mia e di chi mi stava intorno. Ma come te ce l’ho fatta, e ora che alle spalle ne ho molti di anni, posso dire di stare finalmente bene con me stessa. Se solo mi fossi conosciuta prima…
Cara Linda, anch’io ogni tanto lo penso…se ci fossi arrivata prima, ma se mi fermo un attimo, so che sono il prodotto delle mie mille cadute, quindi devo essere grata a ogni fallimento o errore commesso, perché mi hanno permesso di essere quello che sono oggi. La scelta di Alice è fantastica…Bacetti
Chissà perché, ad ogni età, siamo più impegnate a voler conoscere gli altri, piuttosto che noi stesse?
Perché, secondo me, abbiamo paura. Gli altri in qualche modo ci rassicurano dandoci un’idea di noi dentro cui dobbiamo stare. Credo. Un abbraccio Penny
O pensiamo di voler stare?
Già. Un abbraccio Penny