Ci ho messo una vita a volermi bene. Cercando spazi continui di avanzamento verso di me. Il tempo, vi dirò, in questo mi aiuta. Lui passa e io mi concedo possibilità.

Dieci anni fa non sapevo che cosa mi piacesse davvero, cosa mi aderisse; non sapevo dire un no, e se lo pronunciavo quel no, mi frantumavo. Non sapevo reggere un conflitto.

L’altro occupava ogni intercapedine del mio essere, il suo sentire più grande del mio, più degno di essere ascoltato. Le liti dovevano trovare un’ immediata riappacificazione con un mio “scusa” , anche se quel “‘scusa” non lo sentivo per niente.

Non mi comportavo così esclusivamente con mio marito, il mio matrimonio era solo la punta di un iceberg. Sarebbe disonesto dare la colpa a lui. Il mio modo di agire riguardava me, come mi comportavo, cosa accettavo, quello che tacevo al mio essere. E non solo con lui, appunto, ma con tutti i “chiunque”. Nessuna distinzione. Scendi dal marciapiede per far passare, sorridi e ringrazia. E quando mi sono separata ho solo concluso un percorso, iniziato tempo prima. L’ultimo anello di una catena, quello più visibile, in mezzo c’ero io e quello che mi aspettavo da me. Quello che solitamente si aspettano gli altri da noi, dipende da noi, sembra un gioco di parole, ma non lo è. Se tendiamo a dare un’immagine, quella vedranno e quella si aspetteranno.

Una persona a me cara, dentro a un periodo difficile, mi ha detto:”Mi sembra di vomitare pezzi di me!”.
Eppure, è proprio quando vomitiamo pezzi di noi, prima della scelta (qualunque sia il nostro tormento), che stiamo costruendo il futuro. Durante quella sofferenza, durante quella cosa alla bocca dello stomaco, in mezzo a quello spazio di dolore che nasce il “dopo”. 
Quel “dopo” che del “prima” si nutre.
E sembra impossibile, lo so, che proprio nel momento di maggior sofferenza, di dubbi e lacerazioni, proprio in quel momento, iniziamo a costruire. Il pensiero ci inizia a immaginare altrove, in uno spazio mentale nuovo. E ogni giorno, ogni rigurgito, avanziamo di un passo, verso ciò che vogliamo essere. Sono passi minuscoli che non si notano perché la sofferenza li copre con maestria.
Poi, all’improvviso, che improvviso non è, siamo delle altre persone. I desideri sono ritornati, nonostante le preoccupazioni, possono esistere. E noi respiriamo, e sembra una magia, ma non lo è. 
Non ho imparato a volermi bene del tutto. Se mi peso, ad esempio, e ho preso mezzo chilo, entro in crisi, nonostante sia consapevole delle oscillazioni a cui sono soggetta da sempre. E quando litigo, mi perdo ancora.

Devo lavorare su di me…un lavorio continuo, per amarmi e ritrovarmi. Non mi viene spontaneo. E non credo mi basterà questa vita per riuscirci.
Però ho accettato che non si può e non si deve piacere a tutti, che siamo fatti di molte cose, e non sempre sono buone. Possiamo ferire, deludere, e siamo pieni di contraddizioni.

Ma continuiamo a esistere e, a volte, proprio grazie a quelle delusioni, siamo persone nuove. Quelle di oggi. Insieme a quelle di ieri. E per stare bene, ahimè, non abbiamo altra scelta che amarle entrambe. E rinunciare a quell’idea di noi sulla retta via. Strada dritta senza deviazioni. Una moltitudine di pezzi.

Il difficile è metterli insieme e riconoscerli come possibili. E non preoccupatevi troppo degli altri, si abitueranno. Si adatteranno. A quella cosa nuova che siamo diventati, anche grazie al dolore, alla delusione, alla sofferenza.

L’amore degli altri non è tutto. La vita lo è, quella che lo comprende. Ne fa parte. Anche gli altri fanno parte di noi, ma non ci appartengono e non apparteniamo a nessuno, se non a noi stessi.

Quindi al lavoro, che a riconciliare pezzi ci vuole una vita, e di più.

Sono un pezzettino di te?” chiede il personaggio di una storia per bambini a tutti quelli che incontra.

No” gli risponde quello che corre, “No” gli dice quello che nuota e così via…

Poi, dopo una lunga ricerca, succede una cosa: inciampa. E si rompe in mille pezzi. E sapete cosa scopre, grazie a quell’inciampo? Che lui non è il pezzo di nessuno, ma è fatto a sua volta di mille pezzettini.

Siamo fatti di mille pezzettini anche noi. Amiamoli un po’, anche quelli che non ci piacciano. E sono gli inciampi, spesso, che ci fanno capire chi siamo. Amiamo un po’ anche quelli e alla fine, forse, potremmo volerci bene.

Almeno un po’.

Penny

Ps: la storia è di Leo Lionni, si chiama “Pezzettino”. Leggetela ai vostri bambini e se non avete bambini o sono già grandi, leggetela lo stesso, ché fa bene.

Ps: passate un buon week-end. Prendetevi cura di voi.

Sosdonne. com

8 comments on “Siamo fatti di tanti pezzettini. Ad attaccarli tutti, a volte, ci vuole una vita.”

  1. Ho ripercorso nelle tue parole, con modalità diverse, il mio cambiamento. Iniziato il giorno che è nata mia figlia e che non finirà mai ….. Un abbraccio ?

  2. Penny cara, ho quasi la tua eta’, una lunga storia finita e continuo a fare gli stessi errori:” non so dire un no, e se lo pronuncio quel no, mi frantumo. Non so reggere un conflitto.
    L’altro (quello con cui da poco ho iniziato una frequentazione, neanche una storia!!!) occupa ogni intercapedine del mio essere, il suo sentire più grande del mio, più degno di essere ascoltato”.

    Come si fa Penny ad imparare? Come si fa ad amarsi di più’?
    Sembra facile, ma non e’ cosa che cresce sugli alberi……..ed e’ difficile metterla in pratica se non te l’hanno mai insegnato.
    Mi regali un pezzettino della tua saggezza?

    • Non che io lo sappia…lotto sempre con me stessa. Credo che il momento di cambiamento ci sia stato nel momento in cui ho accettato di non piacere. Quando ho accettato il giudizio su di me. E mi sono concessa di non essere ciò che gli altri desiderano. Come un’alzata di spalle. Ma il primo passo l’ho fatto con mia mamma e mio papà. Ho accettato di non essere la figlia che avrebbero voluto. Ci vorrebbe una vita per raccontarti. Insisti. Cerca di volerti bene, altrimenti passiamo la vita a cercare di essere altro. Bacini. Penny

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