Ho una storia da raccontarvi. Lei si chiama Laura, ha sue figli, un maschio e una femmina, rispettivamente di 16 e 14 anni. È separata all’incirca da una decina d’anni.
La sua è una separazione difficile. Lavora nell’amministrazione pubblica. I suoi orari di lavoro sono abbastanza buoni per permetterle di seguire i figli.
Il punto di vista di questa storia è quello di Laura, perché è lei che mi ha scritto e mi ha fatto depositaria della sua verità.
La sua storia d’amore con Pietro è stata una storia come tante. Si sono innamorati e dopo qualche anno hanno deciso di sposarsi; le cose andavano abbastanza bene, anche se Laura aveva capito che il rapporto con Pietro non era semplicissimo, lui tendeva a controllare, a lasciarle poco spazio di decisione, ma pensava che tutto fosse risolvibile e che l’amore sarebbe bastato.
Nasce il primo figlio e le cose cambiano. Pietro vuole imporre sempre più dalla sua volontà, dalla scelta delle tende, alla crema per il piccolo. Laura si sente soffocare, perché qualsiasi sua proposta non è mai abbastanza giusta. Ma anche qui, pensa che, in fondo, succede: i mariti sono tutti uguali ma l’amore sarebbe bastato.
Passano gli anni, la vita scorre, il piccolo cresce. Ogni briciolo di tempo è dedicato a lui, Pietro e Laura sono assorbiti da quell’amore. I tempi per stare da soli sono pochissimi, quasi non li cercano. Fanno fatica a ritrovare l’intimità, litigano spesso, soprattutto sulle scelte per il bambino. Laura ne parla con le amiche. Bisogna avere pazienza, ribattono. E lei pensa che l’amore, ancora una volta, possa bastare.
I giorni passano, gli anni pure. Abbandonano il bilocale, hanno bisogno di spazio. Cambiano casa, facendosi un mutuo per venticinque anni, e ciò li tiene insieme in un progetto nuovo. Laura s’immagina nei nuovi spazi e non si rende conto di sognare anche una storia diversa.
Nasce un altro figlio, una femmina. Laura si ricaccia dentro le fatiche, il suo amore è compensato prima dalla gravidanza e poi da questo essere che sgambetta. Ogni tanto piange, litiga con Pietro. Lei vorrebbe degli spazi per sé, lui la fa sentire in colpa e la richiama al suo ruolo di moglie e madre.
La scuola per il primo, l’asilo per la seconda, i giardini, il lavoro, l’organizzazione della casa, le cene il sabato sera con gli amici, le vacanze 15 giorni all’anno, sono la loro vita. Si accorgono che la loro casa è scomoda ( 7 piani a piedi), non ci arriva la macchina, l’affittano e si spostano.
Altro progetto in comune. Altra distrazione. Altro tempo. I pianti ci sono sempre. Le liti pure. il sesso è risicato. La vita piena.
Poi i figli crescono, lasciano spazi, tempo per guardarsi negli occhi. Pietro e Laura cercano di fare delle cose. Laura propone uscite, ci provano, ma poi finiscono per litigare.
L’amore non basta più. Anzi non si sa nemmeno dove sia finito. A volte, a Laura assale il dubbio, che non ci sia mai stato. Ne parla con Pietro. Lui nega. Tutte le coppie litigano, smettila di fare la melodrammatica.
Lei gli crede. Ci amiamo, pensa. Eppure i pianti non si arrestano, il malessere la prende alla bocca della stomaco. Ci riprova. Ne parla di nuovo con lui. Sai cosa ti dico? Sei un’ egoista. Se ti occupassi meno del tuo lavoro e più della famiglia le cose tra di noi andrebbero meglio.
A lei il suo lavoro piace, ha piccole soddisfazioni, ma si fa in quattro per far funzionare le cose: cucina il pane, piatti prelibati, merende sane per i figli (lui non vuole assolutamente merendine tra i suoi scaffali). Pietro è fuori tutto il giorno, si occupa di pagare le amministrazioni e le bollette. Per il resto è tutto a carico di Laura, è normale questa divisione dei ruoli, uscendo alle 17,00 ha più tempo per i bambini.
Il più delle volte Pietro si addormenta sul divano davanti alla televisione e spesso Laura si sveglia durante la notte, va in sala per dirgli di andare a letto, ma lui è davanti al computer. Vai, ora arrivo, le dice.
Tutto si ripete. Le giornate. Le liti. Le richieste di aiuto. Sto male. Forse dovremmo farci aiutare.
Lui risponde che deve togliersi tutte quelle balle dalla testa, che non capisce il perché si sia messa in testa quelle stronzate, le coppie litigano, punto.
Laura vorrebbe credere a Pietro, vorrebbe con tutto il suo cuore. Ma sta male e non sa come fare. Un amica, di ritorno da una vacanza estiva da incubo le dice, litigate troppo, da troppo tempo, devi fare qualcosa.
Non sa come uscirne.
Poi succede una cosa. Improvvisa. Laura s’innamora di una persona che conosceva da tempo. S’innamora e nega questo sentimento, con forza.
Ma quando torna a casa sa che non può tornare indietro.
Parla con suo marito, ancora. Lo stesso marito che continua a svegliarsi di notte e buttarsi sul computer, lo stesso con cui litigava, che non ascoltava le sue istanze. Ma lei non è più la stessa donna.
Questa volta Laura sta così male che non molla: O andiamo in terapia di coppia o ci separiamo.
Pietro la vede forse per la prima volta. Non si capacita ma sa che non può più sottrarsi. Cercano una terapista. Fanno quattro incontri, al quinto lui non va più.
È una cretina e non serve a niente, sbotta Pietro.
E la situazione precipita.
Esiste anche una seconda parte di questa storia, che vi racconterò un’altra volta. In questo caso di chi è la colpa? Sempre se di colpa si può parlare.
La vita procede e noi ci troviamo dentro, siamo noi che viviamo quelle esperienze e operiamo delle scelte. Qualcosa ci spinge a restare comunque nonostante il dolore, poi arriva un momento, un’occasione, una finestra e qualcuno di noi decide di fare il salto nel buio, qualcun altro decide che quella finestra o quell’occasione non basta per andare.
Ognuno di noi ha la sua di storia. Può sentirsi una Laura oppure un Pietro. Può pensare di subire o di aver fatto subire. Siamo attori protagonisti, oppure possiamo decidere di fare le comparse e lasciare il ruolo ad altri.
Non ho risposte se non che io la storia di Laura la conosco molto bene, ma non è ancora tempo per raccontarla tutta.
E voi? Voi chi siete? Perché io me lo chiedo spesso.
Do fastidio a me stessa: mi interrogo e quando succede so che sto camminando.
Penny
Sei una grande Penny cara. Dobbiamo farne una battaglia di civiltá…non lasciare tutta questa polvere sotto il tappeto.
Se ci vado piano é per non scandalizzare chi queste cose – come me – non riesce nemmeno a permettersi di pensarle…
Ma é necessario aprire dei varchi…
Sai quale citazione mi piaceva allora (che mi sono decisa ad affrontare il brutto come Laura?): c’é una crepa in ogni coa ed é da lí che entra la luce (L. Cohen).
Baci da un’amica di Ferrara
Questa frase è meravigliosa, la luce nelle crepe, quelle che nascondiamo e invece dovremmo portare in palmo di mano con orgoglio. Non sono le parti peggiori di noi, le cadute, le paure quelle che smuovono la polvere?
Grazie per il tuo dono. Baci Penny
Leggere queste storie, leggere di donne che raccontano con affetto di altre donne, leggere di donne che dicono ‘basta’, che prendono in mano la propria vita, fa molto bene. Ne vedo tante di donne che vivono in uno stato di sottomissione psicologica……non hanno la forza di dire ‘basta’. Rinunciano a loro stesse. Forse per paura……una paura instillata dagli uomini……che se non ne hai uno vicino non vali niente. Tutto questo deve finire……una volta per tutte diciamo che la violenza non è solo fisica. Grazie.
La grande forza della violenza è il silenzio. L’omissione, il credere più nel giudizio dell’altro che nel nostro valore. Noi abbiamo una speranza: tirare fuori, parlarci, raccontarci quello che succede e capire qual è il limite che non va superato. Grazie mille per l’incoraggiamento. Fa bene. Penny